Dal Food&Wine all’automotive, entrambi settori di vanto del genio italico, i claim non brillano di originalità: è tutto un orgoglio della tradizione al pari passo dell’innovazione, meglio ancora se in azienda è arrivata la nuova generazione.
Quando invece si parla di persone la situazione cambia un poco, ci si aspetta anche l’intuizione, che è un aspetto tanto importante da cogliere, quanto impossibile da definire. Ma proviamo ad avvicinarci per gradi, l’export manager deve avere con sé tutte le doti che derivano dall’esperienza nel suo settore ovvero la conoscenza dei mercati, la conoscenza del  prodotto, la capacità di leggere i dati e le tendenze… e qui cominciamo a muoverci tra le sabbie mobili, perché se fino a qualche anno fa nel mondo occidentale si scorgevano tendenze nello spazio di anni, da quando il colosso cinese è entrato nelle nostre economie,
i cambiamenti si vedono nei mesi oppure a volte addirittura nelle settimane.
Comportamenti per noi occidentali cementificati da secoli vengono sovvertiti in pochissimo tempo, confesso la mia (compiaciuta) sorpresa la settimana scorsa, partecipando a Wine2Wine, di scoprire che il responsabile di acquisto di vino in Cina è donna, giovane per il 52% dei casi. Consumare vino è vissuto come una conquista da parte di una persona culturalmente elevata, con potere d’acquisto e in grado di scegliere per il proprio benessere; così mentre i consumi di vino calano in tutta Europa l’Asia aspetta a braccia aperte di accogliere il meglio delle nostre produzioni.
A questo punto l’export manager potrebbe gioire contento, invece capisce che deve incorporare nella propria vita professionale un bagaglio di strumenti in costante, rapidissima evoluzione, che gli consentiranno di rimanere in contatto con i suoi clienti a qualsiasi ora del giorno e della notte (in Cina è sempre giorno!). E poi ancora nascono nuovi criteri di valutazione, è di questi giorni la notizia che i degustatori cinesi creeranno il proprio glossario della degustazione per rapportare le sensazioni olfattive occidentali, alla complessità dei profumi orientali (come mi ha fatto notare qualcuno, per i cinesi l’aggettivo  “fruttato” non dice assolutamente nulla).
A questo punto capisci che l’esperienza accumulata non ti serve come proposta di vendita, bensì a muoverti quotidianamente in una ginepraio di informazioni, dalle quali dovrai estrapolare, filtrare e fare tue solo quelle veramente indispensabili. E che dire dei gusti? Il vino rosso importante ha sempre un certo appeal, ma le tendenze mondiali vanno su spumanti e rosé, dunque le consumatrici cinesi come reagiranno?
Vogliamo parlare di innovazione? Certo, la Cina difende solidamente i propri confini dall’invasione social di Facebook o Instagram, ma se provate ad aggirarvi per l’Oriente senza l’ausilio di WeChat, come minimo siete persone strane; la versione cinese di Whatsapp è attivissima e vi permette di conversare anche con persone che comunicano solo in cinese tramite il traduttore automatico; potete buttare nel cestino i vostri biglietti da visita se volete, il lettore di QR code leggerà il vostro profilo e da quel momento sarete saldamente registrati sul telefono del vostro interlocutore. Se non avete ancora WeChat non preoccupatevi, al primo evento in China, i vostri contatti vi inviteranno cortesemente a provvedere… sempre che non abbiano inventato qualcosa d’altro nel frattempo.

Patrizia Marazzi

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