La vicenda Airbus e le sanzioni americane sui prodotti italiani

In questi giorni avrai sentito parlare della vicenda Airbus e le sanzioni americane sui prodotti italiani.

Facciamo un po’ di chiarezza.

1. Cosa c’entra Trump?

Nonostante l’amministrazione Trump stia adottando diverse misure protezionistiche, vedi ad esempio i dazi all’importazione di acciaio e alluminio, questa non ha un ruolo attivo nella vicenda, che comincia nei primi anni 2000 a seguito di aiuti che alcuni stati membri dell’Unione Europea (Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) avrebbero concesso ad Airbus per lo sviluppo di nuovi modelli.

Nel 2004 gli Stati Uniti si rivolgono alla World Trade Organization – l’ente sovranazionale a cui aderiscono oltre 160 Paesi che regola il commercio internazionale difendendo i principi del libero scambio e risolvendo le dispute tra Stati – ritenendo che questi aiuti non fossero leciti e danneggiassero la propria industria nazionale, in particolare Boeing.

Ci sono voluti 15 anni perché il WTO si pronunciasse, pochi giorni fa, sanzionando per 7,5 mld l’UE e quindi autorizzando gli USA ad applicare dazi per un pari importo sui prodotti importati dall’Europa.

2. E’ un attacco all’Italia ed ai prodotti made in Italy?

E’ importante evidenziare che non si tratta di sanzioni su prodotti italiani ma di sanzioni che gli Stati Uniti possono legittimamente imporre a prodotti europei di qualunque categoria.

Si parla quindi di Europa: non è possibile distinguere tra singoli stati e, sebbene l’Italia non facesse direttamente parte dei Paesi coinvolti nella vicenda Airbus, lo è indirettamente in quanto membro dell’Unione Europea.

Questo è il motivo per cui anche i prodotti italiani (ma non solo) possono essere colpiti dalle misure protezionistiche USA.

3. Cosa c’entrano i prodotti alimentari con Airbus?

Il governo USA ha la facoltà di indicare a quali prodotti importati applicare le sanzioni. Tra questi figurano i prodotti agroalimentari.

Qui potremmo aprire un dibattito sulla legittimità (o meno) di imporre dazi verso settori e prodotti che non centrano nulla con la vicenda.  

Abbiamo infatti un settore, l’aerospaziale, che è stato in qualche modo agevolato da aiuti pubblici, e altri settori, non favoriti, che verrebbero pesantemente sanzionati.

4. Compensare con le probabili sanzioni alla Boeing?

C’è, in effetti, un altro aspetto da ricordare: negli anni successivi all’appello degli Stati Uniti, anche l’Unione Europea si è rivolta al WTO contro presunti aiuti del governo americano alla Boeing.

Siamo quindi in attesa che il WTO si pronunci su questa vicenda speculare. Sorge spontanea una domanda: è possibile che in 15 anni il WTO non abbia saputo allineare l’orizzonte temporale delle due vicende affinché le sanzioni arrivassero allo stesso momento, magari adottando soluzioni alternative come la compensazione tra parti?

5. Si torna all’era del protezionismo?

Ci auguriamo di no, anche se negli ultimi anni stiamo assistendo ad un aumento delle misure volte a limitare la libera circolazione di beni e persone.

Se è vero che uno degli scopi principali del WTO è quella di favorire il commercio internazionale anche mediante la riduzione delle barriere tariffarie.

si veda ad esempio il principio della consolidazione tariffaria per cui un dazio, una volta “consolidato” non potrà più essere essere aumentato, salvo casi specifici

Non dovremmo percepire, da parte del WTO, il massimo sforzo per evitare quegli “specifici casi” di cui sopra, per cui, anche nel caso si rendessero necessarie delle sanzioni, si potrebbe imporre una riduzione dei dazi della parte “colpevole” piuttosto che un aumento delle barriere tariffarie della parte lesa?

Con questo contributo non risolviamo il problema ma speriamo di portare alcuni spunti interessanti affinché le amministrazioni (UE, USA, WTO) possano trovare soluzioni pacifiche che non compromettano l’operato delle nostre piccole e medie imprese, già debilitato da un’economia fragile

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