Proseguiamo oggi con le interviste ai Temporary Export Manager.

Lo scopo è quello di spiegare in dettaglio, facendo parlare direttamente i TEM, su quello che è la loro professione, la loro attività.

Oggi è qui con noi Alberto Scanziani.

Alberto vuoi cominciare presentandoti? Chi sei e di cosa ti occupi?

Io sono un TEM, Temporary Export Manager, da 8 anni, ho cominciato l’attività nel 2012 dopo un periodo di direzione commerciale e marketing in aziende industriali lombarde. Ho proseguito questo cammino, anziché alle dipendenze, come libero professionista.

Gli ambiti che seguo, i settori industriali preferenziali in cui agisco abitualmente sono la subfornitura, quindi la meccanica intesa sia come lavorazioni di precisione che come carpenterie meccaniche, il settore della gomma plastica cioè mi occupo della filiera della gomma e della plastica a partire dallo stampo allo stampaggio e anche la promozione dei macchinari che servono per l’iniezione della plastica o per lo stampaggio della gomma. Quindi mi occupo anche dell’industria dei macchinari e dell’equipment industriale nel senso più ampio, dalla trasmissione di potenza alla trasmissione fluidi, all’elettromeccanica e infine anche della siderurgia cioè prodotti siderurgici o macchinari ed equipment che servono per la lavorazione dell’acciaio.

Poi ci sono altri settori ma non li menziono perché sono progetti che ho gestito su base più occasionale.

Per quanto riguarda, invece, le aree geografiche di intervento come TEM, l’area principale in cui opero è l’Europa, dal momento che le aziende che seguo generalmente sono aziende piccole e medie e che preferisco accompagnare inizialmente in paesi vicini, poi Nord America, il Middle East, il Nord Africa – l’area francofona in particolare – e per quanto riguarda l’Asia sono meno presente tranne l’India, in cui ho avuto modo di sviluppare business per conto di alcune aziende.

Solitamente approfondiamo insieme ai TEM intervistati quello che è il loro modo di lavorare per dare una spiegazione alle aziende che si affacciano per la prima volta allo sviluppo sui mercati esteri tramite la figura del Temporary Export Manager. Avendo avuto l’opportunità di collaborare con te su qualche progetto, so che tu insisti molto, in azienda, sulla preparazione di case history, quindi delle attività svolte precedentemente, utili per poter essere rappresentate e presentate all’estero. 

Puoi spiegarci cosa sono i Case History, come li usi e perché possono essere utili per sviluppare i mercati esteri?

Io ritengo che uno dei modi differenzianti di proporre e promuovere le aziende sia quello di curare in maniera particolare la narrazione aziendale.

Questo aspetto avviene raramente cioè sono poche le aziende, soprattutto le piccole e medie che curano questo aspetto, dovuto principalmente ad una mancanza di risorse dedicate. Raramente nelle aziende esistono profili e risorse interne che abbiano il tempo di dedicarsi a questo aspetto.

Però, ritengo che una efficace narrazione aziendale sia uno degli aspetti differenzianti nella promozione delle aziende perché, di fatto, quando si promuove un’azienda in Italia ma soprattutto all’estero, quello che conta è il modo di presentarsi.

Le aziende che si presentano ai buyer esteri sono molteplici, quando io contatto alcuni buyer mi viene detto che ricevono decine di richieste e di proposte da aziende italiane quindi è evidente che la competizione tra aziende italiane che si propongono all’estero è forte

Se si riesce a differenziarsi nella modalità di presentazione questo fa la differenza.

Questo avviene ancora prima del dire cosa so fare, è la fase del chi sono, che va curata affinché chi riceverà nostra presentazione possa capire che ha di fronte un interlocutore che sa esprimere un valore o che comunque sa differenziarsi rispetto agli altri nel modo di presentarsi ancora prima di dire cosa si sa fare.

Una modalità che certamente contraddistingue un’azienda è la narrazione di casi studio, le cosiddette case history o case Study, in cui l’azienda narra i progetti o di fatto le operazioni che ha condotto anche in Italia ma preferibilmente all’estero, che dimostrino la sua eccellenza, cioè che è un’azienda capace di poter creare un interessamento alle aziende estere alle quali si rivolge.

Per fare questo ho creato una traccia di 13 punti che raccontano le fasi di un progetto, quindi il caso studio è una traccia esistente che io compilo insieme all’imprenditore, ci si mette di fronte con la carta e la penna e si mette “tra virgolette” l’imprenditore con le spalle al muro finché trova un progetto che possa essere interessante e raccontabile ad una clientela potenziale estera. 

Questo non è facile perché spesso l’imprenditore afferma che ci sono dati confidenziali oppure che non ha il materiale fotografico però, in generale, riuscire a costruire una/ due pagine di narrazione con qualche foto è una cosa fattibile.

Quindi il caso studio racconta un progetto e soprattutto lo scopo è dimostrare come ci sono state grosse difficoltà, il segreto sta qua, è come nella narrazione dei film, dove c’è l’eroe che per essere tale deve superare delle difficoltà. L’azienda deve dimostrare di avere ricevuto un incarico molto complesso e che è riuscita a svolgerlo e quindi a soddisfare il cliente superando alcune difficoltà che abitualmente sono difficoltà di natura tecnica. 

Un’altra cosa importante è dimostrare che c’è stato un lavoro di gruppo, cioè un lavoro di interazione spinta tra l’azienda ed il suo cliente in modo tale che si dimostri come il dialogo e la vicinanza con l’utilizzatore finale siano importanti per per il successo del progetto.

Direi che effettivamente è una strategia che permette all’azienda di differenziarsi rispetto a tanti altri competitor.

Competitor che, se fanno bene il loro lavoro, seguiranno comunque un iter per approcciare i mercati esteri ma se noi riusciamo a fare quel qualcosina in più che ci differenzi e spieghi al potenziale cliente perché siamo più bravi rispetto agli altri, potenzialmente possiamo raggiungere maggiori risultati.

Quando parlavo di iter per lo sviluppo sui mercati esteri mi è venuto in mente quello che è un approccio che molti utilizzano e che so che tu applichi, visto che recentemente hai pubblicato sul nostro blog un articolo in merito, cioè quello che il progetto parta dall’export check-up

Vuoi spiegarci cos’è l’Export Check-Up?

L’export check-up è il primo di 4 step che io applico nel mio metodo che chiamo #errorfreeexport.

Tutti fanno un export check-up, tutti noi TEM lo facciamo. Un check-up aziendale lo fanno tutti i colleghi anche nell’area Operation o Finance, perché è di fatto il primo approccio con l’azienda.

Però diciamo che il “passino” oltre in che cosa consiste: che non deve limitarsi ad essere una foto dell’esistente ma deve focalizzarsi già sulla preparazione e la evidenziazione dei contenuti che poi verranno utilizzati per la promozione dell’azienda cioè, il TEM deve riuscire, in questa fase a costruire o ad avere una visione più ampia in modo tale che la fotografia dell’esistente diventi una preparazione di contenuti per creare le basi di una narrazione aziendale che come dicevamo prima poi risulti efficace.

Ho strutturato l’export check-up in due macro ambiti: sales e marketing, ciascuno dei quali viene sviluppato in ulteriori 4 punti. Se qualcuno vuole vederli può trovarli nell’articolo pubblicato sul blog di Tem Italia. Si tratta ci un check-up piuttosto articolato e richiede almeno mezza giornata di dedicazione.

Una raccomandazione che faccio è di non limitarsi a fare l’intervista per l’export check-up con l’imprenditore ma sarebbe interessante coinvolgere anche altre risorse perché la visione che hanno risorse come un responsabile tecnico, un project manager o un direttore delle operation, non è necessariamente coincidente con quella dell’imprenditore.

In particolare, quando si fa l’analisi SWOT dell’azienda, sui punti di debolezza e minacce spesso le figure che non sono l’imprenditore offrono un grado di approfondimento superiore proprio perché l’imprenditore, giustamente, tende ad evidenziare i plus e le qualità dell’azienda però poi quando un TEM fa il suo lavoro deve conoscere anche i limiti e le minacce cui l’azienda è sottoposta quindi spesso parlare con il personale “dipendente” può avere un valore aggiunto perché ti offre un quadro più realistico e quindi il check-up, a mio avviso, diventa più efficace.

Io avrei solo un’ultima domanda, in realtà ci hai incuriosito e quindi vorrei chiederti:

Quali sono gli altri 3 punti del del tuo modello di sviluppo sui mercati esteri?

Il primo, come detto è l’export check-up, il secondo step è la verifica dei settori merceologici di specializzazione dell’azienda e quindi la loro profilazione in modo tale da promuovere l’azienda in specifici settori, settori che siano in crescita.

Ora, sospendiamo questa affermazione nella fase presente in cui i settori in crescita aimè sono pochissimi e si contano sulle dita di una mano, tutti gli altri hanno un calo a due cifre, come tristemente noto però, supponendo di essere in una situazione no covid, questa fase comporta un’analisi dei settori merceologici pertinenti per l’azienda che non siano stagnano o che siano in crescita. 

Questo comporta un’analisi statistica preliminare in modo tale da evidenziare questi ambiti e permettere una maggiore probabilità di successo.

Questo è di interesse per l’azienda e anche per il TEM in modo da raggiungere risultati il prima possibile.

Abitualmente questi settori sono 2-3, cerco di limitarli e di approfondirne bene 2-3, non di più.

Il terzo step è la costruzione di un database di prospect, profilato per settore e per paese estero. Anche qui non prendo in considerazione più di 2-3 paesi in modo da non disperdere l’attività.

Il quarto ed ultimo step è quello che abbiamo accennato prima, ovvero creare una narrazione aziendale cioè casi studio in modo tale che questi vengano inviati periodicamente ai prospect di cui sopra, in modo che idealmente ricevano una volta al mese questi casi studio.

Dopo 2-3 casi studio che si inviano, se c’è un interessamento, il prospect normalmente manda sempre una richiesta all’azienda perché capisce che c’è valore, che c’è esperienza nello specifico settore, che questa esperienza è narrata, raccontata bene, portando risultati positivi e di successo per cui normalmente questo porta alle richieste.

Quindi diciamo che la narrazione aziendale e la produzione di casi studio è una garanzia se non totale direi molto buona di ottenere gli interessamenti che poi, chiamate con il loro nome, sono richieste d’offerta, e sono quelle che poi interessano alle imprese.

Come ultima domanda, si parla molto in questo periodo, dovrebbero esserci anche dei bandi che andranno a favorire l’inserimento di questo genere di figure, della figura del TEM come DEM, Digital Export Manager. Siccome so che tu usi diversi strumenti e quindi ti avvali anche di strumenti digitali nella tua attività, 

Vuoi spiegarci cosa significa essere Digital Export Manager e come lo applichi nel tuo lavoro?

Gli strumenti, come tu hai giustamente detto, sono dei mezzi. Quello che sta alla base è il contenuto poi il mezzo è lo strumento per divulgare il contenuto.

Ora, lo strumento deve essere il più efficace possibile. Uno dei modi per renderlo efficace è l’automazione cioè automatizzare quello che è la divulgazione dei contenuti e la narrazione aziendale. 

Le newsletter o meglio, le campagne di email marketing, sono il pilastro su cui fondo la mia attività digital presso l’azienda. La newsletter ha un valore informativo mentre l’email marketing di cui vi parlo sono casi studio che vanno oltre ed hanno uno scopo commerciale.

Quindi, l’utilizzo di piattaforme digitali per l’automazione di questi contenuti è fondamentale. Parlo ad esempio di Mailup, Mailchimp, ecc., piattaforme che consentono il traccino delle azioni svolte: le aperture ed i click fondamentalmente.

Un altro ambito che si utilizza parecchio è il social media marketing quindi l’utilizzo di piattaforme social professionali, grazie alle quali stabilire un contatto di lunga durata con gli interlocutori esteri.

Parlo di LinkedIn che è la più trasversale ma, a seconda dei mercati, ci sono altre piattaforme come Xing per l’area DACH (Germania, Austria e Svizzera) e Viadeo per la Francia. 

L’importante è che si parli di piattaforme professionali in modo da individuare il proprio target, il proprio interlocutore e cercare di stabilire con esso una relazione professionale e di qualità.

Alberto, ti ringrazio, do appuntamento alle prossime interviste e ti auguro buon lavoro e buona giornata!

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